Il filosofo Machiavelli

Machiavelli è un filosofo italiano del XVI secolo. Era al servizio dei principi e scrisse scritti destinati al consiglio di questi.

È chiaro che Machiavelli è il fondatore del pensiero politico moderno, cerca nella sua opera di individuare i mezzi per acquisire il potere e soprattutto per mantenerlo. Egli fa emergere così la figura leggendaria del “principe”, questo sovrano modello, nel senso che ha capito tutto fin dai più piccoli meccanismi di come governare.

Il principe descritto da Machiavelli ha la giusta dose di astuzia umana e quanto basta animale. È soprattutto un tattico incredibile pronto a sacrificare tutti gli uomini necessari per mantenere l’autorità.

Ma chi è questo essere straordinariamente dotato per la politica?

È un uomo naturalmente dotato, non lo farà chiunque; tuttavia, l’educazione ha un ruolo indiscusso nel raggiungimento della figura del principe. È qui che entra in gioco Machiavelli perché se bastasse avere qualità personali, che senso avrebbe una teoria? Machiavelli scrive un libro destinato all’educazione dei principi.

Machiavelli mostra infatti che un’adeguata educazione è necessaria per la formazione di colui che si può definire “principe”: è questa educazione che ci presenterà nella sua opera omonima, un vero e proprio manuale per il perfetto sovrano Il Principe.

Tuttavia, dobbiamo cogliere il significato di tale missione. Il principe machiavellico fa della precarietà un’arte di vivere e di superarsi, che è anche molto significativa sia per il suo tempo che per il Paese in cui si è evoluto, ovvero l’Italia dei secoli XV e XVI. L’Italia era, all’epoca, un insieme di Stati in continuo conflitto, senza frontiere fisse, fragili di per sé e, per di più, soggetti all’influenza straniera. Il disordine e l’instabilità regnano ovunque con la relativa eccezione di Firenze, Venezia, Milano e Roma. L’Italia di allora non meritava l’appellativo di Stato ed era ancor più necessario liberarsi dell’idea di un nazionalismo letteralmente estraneo ai cuori italiani di allora.

Gli stati italiani del suo tempo erano più proprietà di una “casa” che della “cosa comune, la res-publica”. Di conseguenza, lì lo “spirito nazionale” è molto poco sviluppato. L’attività principale di queste città è la guerra. Divorati dall’ambizione e privi di eserciti permanenti, ricorrono costantemente ai mercenari, il che è molto pericoloso per le città che li impiegano perché non difendono mai qualcosa che è importante per loro, fanno guerra a denti di sega, cercando soprattutto di risparmiare i uomini e spesso cercano di impadronirsi della città che li impiega.

Ma non dimentichiamo di parlare più particolarmente di Firenze, che è la città citata da Machiavelli e per la quale scrisse Il principe. Quando nacque Machiavelli era uno stato di 50.000 abitanti, una cifra considerevole per l’epoca. La Signoria di Firenze fu dominata nel XV secolo dai Medici, comprendeva un buon numero di regioni e città che ne fecero un centro importante per dimensioni e ricchezza.

Politicamente gode di un’organizzazione repubblicana. Storicamente, due fenomeni hanno finito per influenzare la vita politica della città: lo sviluppo del commercio urbano da un lato, l’impulso principesco dall’altro. Più il vecchio mestiere decade, più vediamo svilupparsi la nuova figura del potentato, quest’uomo ricco che fa regredire l’ex governo repubblicano per farlo tendere all’oligarchia. Questo rilascia poteri personali brillanti e gelosamente custoditi. Machiavelli scrive la sua opera per Lorenzo de Medici, Lorenzo il Magnifico.

Se vuole sopravvivere, il principe deve imparare ad essere malvagio e realista come i suoi avversari: va analizzato il reale esercizio del potere politico.

UNA RIVOLUZIONE: L’INTRODUZIONE DEL REALISMO POLITICO

Il principe è l’agente privilegiato capace di realizzare il legame tra l’egoismo individuale comune a tutti gli uomini, sterile e distruttivo, e le sue forme collettive politicamente feconde. Il principe, per essere amato, deve suscitare la bassezza della natura dell’uomo, perché solo così potrà conservare il suo potere. E, politicamente, questa solidarietà tra il popolo e il principe tende a svilupparsi in un’unione più stretta, man mano che i rispettivi interessi diventano meno dissociabili.

È una concezione che, in un certo senso, rompe con la tradizione della filosofia politica. Ciò rende alcuni uomini più capaci di altri di esercitare il potere politico; è chi sa, che ci fa fare riferimento al concetto di “re-filosofo” in Platone.

Machiavelli parte dalla semplice osservazione storica per rendersi conto che questa teoria non funziona in pratica. Non è per una serie di disgrazie e di capricci che il re-filosofo fallisce; è perché la natura non fa filosofia. È un male crediamo che persegua un fine più alto nell’umanità. In realtà la natura è solo il campo di esercizio delle nostre passioni, passioni che sono in tutto identiche e che sono conoscibili.

Quindi è molto chiaro che, conosciuti e usati correttamente, devono essere in grado di servire la costruzione dello Stato. È quindi sulle rovine della filosofia politica che ha fondato la scienza politica: una psicologia delle passioni “di interesse sociale” accompagnata da un’arte di sfruttarle.

Una tale scienza – e questa è la conseguenza capitale – non è più il privilegio di qualche élite naturale.

Il potere ha perso la sua dimensione sacra; Divenuto “fenomeno sociale”, si presta, come ogni fenomeno, a osservazioni positive. I capi confessano che la conquista e il mantenimento del potere obbediscono a certe regole immutabili, che corrispondono alla fissità delle passioni umane: così evitano il più possibile di essere limitati dai loro consiglieri, rendendo inutili gli amici, di abbandonarsi tra gli altri ai loro alleati e la lista è lunga; non hanno scelta se vogliono essere al potere. Se la politica imita la natura, il principe che vuole avere successo deve guardarla in faccia.

L’UOMO È PER NATURA “CATTIVO”

Per Machiavelli, questo parte dalla semplice constatazione che gli uomini sono spinti dalle loro passioni, che vogliono sempre dimostrare cercando di soddisfarle. Così l’uomo sarebbe solo amico dell’uomo e quindi del principe.

Quest’ultimo deve saperlo; i suoi sudditi non sono suoi nemici diretti come potrebbe esserlo un invasore, tuttavia non saranno sempre conquistati da lui se il principe non dà loro soddisfazione. Bisogna sempre evitare il pericolo e questo con pratiche che possono variare, legate a loro volta a compiacimento, seduzione, intimidazione, violenza.

Queste pratiche prefigurano, come spesso si è detto, il governo dell’opinione pubblica, che presuppone lo sfruttamento politico più favorevole delle convinzioni, dei pregiudizi o delle passioni degli individui. Trascurando queste passioni ci metteremmo in contrasto con le persone; mentre sono loro che virtualmente detengono la forza; sono l’alleato più serio che si possa avere. Il principio è avere dalla vostra parte la folla, cioè questi piccoli che formano la maggioranza e dovete mettere a tacere gli intellettuali che potrebbero nuocere a questo progetto.

È tutta una tecnica psicologica che mette in gioco che può accompagnare la forza delle armi stessa. Bisogna neutralizzare i veri istinti morali o religiosi deviandoli verso oggetti meno elevati e dirigendo in anticipo gli odi contro i nemici personali del principe; Così è come dovrebbe essere fatto. Alle persone, pur rimanendo passive, viene assegnato un ruolo trainante. Il potere del principe è molto chiaramente demagogico; è la condizione permissiva della sua sopravvivenza.

La filosofia di Machiavelli è l’uso delle credenze per scopi politici: moralità e religione non sono altro che strumenti per la perfetta realizzazione del suo potere. Machiavelli vede nella religione un perfetto elemento stabilizzante; è quindi dannoso non essere pii. Il principe è costretto a vivere in una menzogna permanente, giustificando sempre i suoi atti in termini etico-religiosi per tenere il popolo dalla sua parte; la religione è più strumentalizzata che mai.

I moralisti dicono che tutto finisce sempre per essere pagato; gli storici che seguono l’osservazione dei fatti ne sono meno convinti; Machiavelli è dalla loro parte. Lo stesso vale per l’approccio morale; Machiavelli resta molto scettico perché presenta l’umanità in questi termini: se mi fossi fedele io ti sarei leale, ma non è sempre così, poiché le tue passioni ti governano, quindi permettimi di prendere le mie precauzioni. In questo modo ; predicando sempre la bassezza della natura umana è chiaro che inevitabilmente si radica l’immoralità nella propria pratica politica, trascurando così chiaramente l’umanità nell’uomo.

IL PRIMO DELLA FORZA IN POLITICA

Senza la forza nulla si crea, ma nulla può nemmeno essere mantenuto. Una natura umana incapace di trattenersi e legarsi potrebbe quindi essere tenuta insieme solo con la forza. Di qui la necessità che il principe che non vuole crollare stia ben seduto; lo stato resiste solo per la forza effettiva che lo sostiene; la politica poggia dunque sulla forza, che è il fondamento dell’ordine. La paura diventa facilmente il principio.

ALCUNI HANNO UNA “VIRTU” CHE PERMETTE DI GOVERNARE.

La “virtu” è questo stratagemma a cui spesso si riduce il machiavellismo. Ha due aspetti principali per lui:

È uno stratagemma usato dal principe per risparmiare i suoi uomini per raggiungere un obiettivo personale. Permette poi di eccedere per l’arma tipica dei civili che economizzano la violenza.

Ma è anche l’occultamento del principe della sua vera natura da fare credere a una morale come abbiamo visto prima per reclutare il popolo.

L’astuzia è fondamentale per la corretta condotta di uno stato o di una vittoria; tuttavia le vittorie che si basano solo sull’astuzia sono di breve durata perché in definitiva “contro natura”.

Machiavelli non prevede quindi una politica che si basi solo sull’inganno: senza la forza è inutile. Tuttavia, è questa animalità che alcune persone possiedono, che le rende più adatte a governare di altre; ma senza la conoscenza degli elementi che abbiamo già visto riguardo al buon funzionamento di uno stato, un individuo non può governare in un modo che gli sarà favorevole e duraturo.

 

Il principe machiavellico è l’incarnazione perfetta di un uomo dotato di ragione e intuizione, che è l’unico modo per gestire bene uno stato e avere successo in politica. Non bisogna però perdere di vista il fatto che anche chi ha una predisposizione per la politica non può sottrarsi all’educazione del veggente che gli spiegherà come funziona tutto il sistema; questo è il compito dell’istruttore che è Machiavelli.

 

Il principe dotato di questa “virtù” è anche colui che, grazie al suo intuito, potrà influenzare il destino in una direzione a lui favorevole. Questa è la superiorità di chi ne è dotato e degli altri .

STORIA, IMPRESSIONI DI ORDINE NEL CAOS

 

Il principe deve conoscere la storia perché, anche se casuale, ci sono comunque proporzionali possibilità che certi elementi si ripetano; pertanto, lo stesso errore non dovrebbe essere ripetuto due volte. Machiavelli non perde di vista le coincidenze della storia e l’assurdità che governa il mondo, eppure c’è una certa prevedibilità nella storia. Il principe è parimenti colui che può influenzare favorevolmente la direzione della storia.

 

Lo troviamo nella sua teoria del caso, di quella che chiama “fortuna”; Secondo lui, un fatto è dovuto per il 50% al caso e per il 50% all’azione umana. L’uomo può quindi avere un peso nella storia e, anche se limitato dal caso, vale solo se l’uomo è in grado di osservare la storia e trarne conclusioni.

 

Il principe quindi ha sempre bisogno di un istruttore.